L’esercito russo non farà la marcia su Roma, però…
L’inviato di Trump rassicura: Putin non vuole conquistare l’Europa. Ma manca il punto. L’obiettivo dello zar è un altro: spaccare la Nato
Steve Witkoff è il miliardario che il presidente statunitense Donald Trump ha voluto come suo inviato speciale per il Medio Oriente. Ora, a poche settimane dall’insediamento della nuova amministrazione, il presidente gli ha affidato anche il dossier Ucraina (che dovrebbe essere di un altro inviato speciale ad hoc, Keith Kellogg). Dopo aver incontrato il presidente russo Vladimir Putin a Mosca, Witkoff è tornato negli Stati Uniti e ha rilasciato interviste a Fox News e a Tucker Carlson, ex anchor di Fox News e oggi tra i volti più noti della galassia dell’ultradestra americana. Si è detto certo che Putin – che “non è una cattiva persona”, “è molto intelligente” – “voglia la pace”.
Ha ripetuto alcuni punti della propaganda di Mosca, tra cui: le regioni ucraine occupate dalla Russia “sono di lingua russa, ci sono stati referendum dove la stragrande maggioranza delle persone ha indicato di voler essere guidata dai russi”; l’Ucraina è “un Paese finto”; “non possiamo semplicemente dare soldi per sempre” all’Ucraina “perché potrebbero finire in polvere” e “non possiamo correre il rischio” di una guerra nucleare”.
Ha provato a rassicurare rispondendo a domande sulle preoccupazioni che il presidente russo possa guardare oltre l’Ucraina e spingersi più a fondo in Europa: “Non penso che lui voglia prendere tutta l’Europa. Questa è una situazione molto diversa da quella della Seconda guerra mondiale. Nella Seconda guerra mondiale non c’era la Nato. Ci sono Paesi che sono armati. Lo prendo per la sua parola in questo senso. E penso che anche gli europei stiano cominciando a crederci. Ma in un certo senso non importa. È una questione accademica... L’agenda è fermare l’uccisione, fermare il massacro, finiamo questa cosa”.
C’è un problema: nessuno pensa che Putin voglia conquistare l’Europa, che voglia marciare su Praga, Berlino, Parigi, Londra e Roma. L’errore di Witkoff – che si ritrova anche tra le pagine della relazione annuale dell’intelligence americana sulle minacce alla sicurezza pubblicata oggi (qui il mio articolo per Formiche) – alimenta un falso mito che rischia sia di aumentare i timori e le preoccupazioni degli europei sia di proiettare un’eccessiva immagine di potenza della Russia (non si prende l’Europa perché non vuole, mica perché non ha i mezzi).
Per dirla con Shashank Joshi, corrispondente del settimanale The Economist, “Witkoff ha montato un’assurda scena dell’esercito russo sul Canale della Manica. Il pericolo è ed è sempre stato quello di attacchi geograficamente limitati che rompono la coesione della Nato. E ‘geograficamente limitati’ non è una grande consolazione per gli Stati baltici”.
Ulrich Speck, analista tedesco di politica estera, ha evidenziato che nessuno pensa che Putin voglia prendersi tutta l’Europa. “Lui vuole costringere l’Europa orientale e centrale alla sottomissione; il suo percorso per arrivarci consiste nell’eliminare la Nato e far uscire gli Stati Uniti dall’Europa, passo dopo passo. È facile da comprendere se si conosce la storia del XX secolo. Il secondo passo, dopo aver stabilito il dominio sulla parte orientale dell’Europa, è negoziare accordi con gli europei occidentali indeboliti, partendo da una posizione di forza, per dominare infine l’intero continente”.
È stato lo stesso Putin a presentare la sua strategia nel 2007 alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco tra una critica all’espansione della Nato verso Est e l’aspirazione a un sistema multipolare in cui la Russia potesse riaffermarsi come grande potenza.
E, come ha ricordato il generale Ivan Caruso su Formiche, la visione di Monaco non rimase sulla carta.
Nel 2008, appena un anno dopo, la Russia intervenne militarmente in Georgia, creando le prime “zone cuscinetto” sotto influenza russa in Ossezia del Sud e Abkhazia. Questo conflitto rappresentò un primo test pratico della dottrina Putin: dimostrare che Mosca era pronta a usare la forza per difendere quello che considera il suo “estero vicino” dall’influenza occidentale.
L’escalation proseguì nel 2014 con l’annessione della Crimea e il supporto ai separatisti nel Donbass, in reazione alla “rivoluzione di Maidan” che minacciava di avvicinare l’Ucraina all’orbita occidentale. La risposta russa combinò elementi militari tradizionali con le nuove tecniche della guerra ibrida: operazioni militari mascherate, campagne di disinformazione e pressioni economiche.
Nello stesso anno, l’intervento in Siria segnò un’espansione oltre lo spazio post-sovietico. Sostenendo Bashar Al Assad, Putin non solo assicurava alla Russia una presenza strategica nel Mediterraneo, ma si presentava come attore globale indispensabile, capace di sfidare l’egemonia americana in Medio Oriente. Questa proiezione di potere si è poi estesa all’Africa, in particolare in Libia e nel Sahel, tramite il gruppo Wagner e altre forme di presenza.
L’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022 rappresenta l’applicazione più radicale della visione espressa a Monaco. Non si tratta semplicemente di un conflitto territoriale, ma di un tentativo di ridisegnare l’architettura di sicurezza europea che Putin aveva criticato quindici anni prima.
Più recentemente abbiamo visto lo schema già applicato in Moldova e Georgia messo in piedi in Romania per sostenere Călin Georgescu, candidato presidenziale filorusso e anti Ue e Nato, a suon di campagne di disinformazione e finanziamenti irregolari. E non solo. Scrive ancora Caruso:
Quando le elezioni sono state invalidate, la Russia ha sfruttato la situazione per alimentare proteste e caos politico, portando persino all’arresto di individui accusati di pianificare un colpo di stato con complicità russe.
La strategia per la Romania è particolarmente significativa perché dimostra come Putin sia disposto a sfidare indirettamente anche paesi membri della Nato, purché lo faccia attraverso metodi ibridi che mantengono una “plausibile negabilità”.
Ricostruzione, riferimenti a fonti autorevoli (puntuali ed efficaci cone sempre) e analisi utili a orientarsi in una realtà così complessa, tra mistificazioni, zone d'ombra, manipolazioni.
La diplomazia (?) americana e il suo linguaggio, allamanti.
Caruso dovrebbe informarsi piuttosto su cosa faccia Soros con il denaro invece di accusare la Russia di ingerenze..