Pechino ordina intimidazioni: gli infiltrati FBI svelano il modus operandi cinese
Una campagna di intimidazione pianificata da agenti del Pcc contro un artista a Los Angeles tra sorveglianza, minacce e ordini diretti dai “generali” a Pechino
La scorsa settimana, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha confermato che una rete di agenti stranieri, coordinata direttamente da Pechino, ha pianificato una serie di atti intimidatori nei confronti di un artista cinese-americano residente a Los Angeles. L’artista, già noto per aver installato statue raffiguranti il presidente Xi Jinping e la first lady inginocchiati e ammanettati, era inoltre in procinto di mobilitarsi per protestare durante la visita di Xi al vertice APEC di San Francisco nel novembre 2023.
L’inchiesta, condotta dall’FBI in collaborazione con il procuratore federale per il Distretto Centrale della California, ha fatto luce su un piano capillare, che prevedeva pedinamenti, sabotaggi al veicolo e minacce nei confronti dell’intera famiglia della vittima, il tutto su ordine diretto di vertici del Partito comunista cinese che dovevano “approvare ogni passo” prima di autorizzare l’azione violenta. Parallelamente, nello stesso comunicato, viene rivelato un secondo filone investigativo: John Miller (cittadino britannico, residente negli Stati Uniti) e il suo presunto handler in Cina, Cui Guanghai, sono stati indagati anche per aver tentato di esportare tecnologia militare statunitense verso la Cina usando canali clandestini. Anche questa accusa è stata formalizzata da un Gran Giurì federale a Los Angeles e a Milwaukee.
I protagonisti dell’indagine
John Miller (63 anni) – cittadino del Regno Unito con residenza negli Stati Uniti. Descritto come recruitment specialist, è stato identificato come l’intermediario principale per conto del Partito comunista cinese su territorio americano. Nelle intercettazioni, Miller si rivolgeva al referente in Cina chiamando Xi Jinping “il boss” e discuteva apertamente di modalità violente (“con le pallottole si guadagna di più”, “vogliono sparare e andarsene”, “punteruolo da ghiaccio sulle ginocchia e alle caviglie»).
Cui Guanghai (“Jack”) – handler con base in Cina, indicato come la mente operativa che coordinava i singoli passaggi, sotto la supervisione di vertici “militari” di Pechino.
FBI (fonti confidenziali e agenti sotto copertura) – hanno svolto un ruolo chiave fingendosi trafficanti d’armi e facendo emergere ogni dettaglio dell’operazione dall’interno, fino a documentare approvazioni risalenti a “generali” del Partito comunista cinese.
Le tappe dell’operazione di intimidazione
Pedinamento e installazione di dispositivi di tracciamento
Per monitorare costantemente i movimenti dell’artista, i complici hanno piazzato un localizzatore GPS sul suo veicolo. Questo permetteva di sapere in tempo reale ogni spostamento, con l’obiettivo di impedire la partecipazione del dissidente alla protesta di San Francisco.Sabotaggio delle gomme dell’auto
Nella notte precedente alla partenza programmata per il raduno di manifestanti, uno degli esecutori ha forato le ruote dell’auto dell’artista. L’intento era far passare il tutto per un “guasto meccanico”, garantendo così che l’obiettivo non arrivasse alla manifestazione.Sorveglianza dell’abitazione
I complici hanno tentato di affittare un appartamento nello stesso stabile dell’artista. Questo stratagemma avrebbe consentito loro di avvicinarsi senza destare sospetti e di intensificare la pressione psicologica nei suoi confronti.Distruzione delle statue e documentazione video
Le statue raffiguranti il presidente e la first lady inginocchiati sono state vandalizzate dagli uomini di Miller. Ogni atto distruttivo doveva essere filmato e inoltrato al handler in Cina come prova dell’azione. Secondo il comunicato del dipartimento di Giustizia, i video avrebbero dovuto dimostrare l’esecuzione degli ordini politici “direttamente da Pechino”.Minacce alla famiglia
Tra le conversazioni catturate da agenti sotto copertura, emerge una frase agghiacciante: “Same thing will happen if you don’t stop” (“Accadrà la stessa cosa se non ti fermi”), indirizzata al figlio dell’artista. È la dimostrazione che la minaccia non era confinata alla sola figura del dissidente, ma si estendeva alla sua cerchia familiare.
I metodi operativi del Partito comunista cinese
Il caso rende evidente come l’intelligence cinese adotti una combinazione di tattiche burocratiche e brutali.
Gerarchie militari e approvazioni di alto livello
L’indagine conferma che ogni fase doveva ottenere il “via libera” da parte di alti ufficiali a Pechino, definiti “generali” nelle carte dell’FBI. Solo con quell’approvazione si procedeva a dare esecuzione agli atti intimidatori.Operazioni compartimentate
Ogni esecutore conosceva esclusivamente la fase di propria competenza, in modo da impedire ricostruzioni dell’intera catena di comando in caso di arresti. Questo ha reso l’infiltrazione da parte dell’FBI particolarmente complessa, finché non sono stati coinvolti agenti sotto copertura.Pagamenti in contanti e intermediari locali
Il totale dei versamenti ammonta a 17.000 dollari, transitati attraverso un intermediario con base a West Covina (California). Nessuna transazione bancaria ufficiale, per evitare rintracciamenti diretti.Coperture e “opere di distrazione”
Agli esecutori veniva consigliato di spiegare il tutto come un semplice dissidio economico (“he owes money”), mascherando così il vero movente politico.
Inoltre, si legge nei colloqui: “They don’t want any connection to a China man”, a sottolineare la necessità di mantenere una “plausible deniability” rispetto a qualunque legame con agenti governativi cinesi,
L’arresto in Serbia e le accuse correlate
Secondo quanto riportato dal comunicato ufficiale del dipartimento di Giustizia, John Miller e Cui Guanghai sono stati arrestati in Serbia il 24 aprile 2025, in esecuzione di mandati di arresto statunitensi emessi a carico dei due. Oltre alle accuse relative all’intimidazione dell’artista, entrambi devono rispondere di tentativo di esportazione illegale di tecnologia militare (inclusi missili, radar antiaereo, droni e dispositivi crittografici) verso la Cina. I due rischiano fino a 20 anni di reclusione per violazione dell’Arms Export Control Act e ulteriori 10 anni per tentato contrabbando. Il vice procuratore generale Todd Blanche ha definito il piano “una palese aggressione alla sicurezza nazionale” e ha ribadito che il governo americano non “consentirà a nazioni ostili di infiltrare o sfruttare i nostri sistemi di difesa”.
Le implicazioni geopolitiche
Transnazionalizzazione della repressione
Il Partito comunista cinese non limita le proprie misure repressive ai confini interni: la diaspora cinese, soprattutto i critici all’estero, è costantemente nel mirino. Questo episodio sottolinea la capacità di Pechino di esercitare pressione fisica e psicologica anche a migliaia di chilometri di distanza.Strategia della tenaglia
Oltre a ingaggiare “esecutori locali” per compiere atti concreti (pedinamenti, sabotaggi, vandalismi), il regime applica contemporaneamente pressioni sui familiari rimasti in Cina. Infatti, il comunicato americano menziona visite di funzionari governativi ai genitori dell’artista in Cina, seguite da telefonate intimidatorie.Gerarchie di comando centralizzate
Il fatto che i “generali” di Pechino dovessero approvare l’uso della violenza indica un controllo diretto e verticale sull’intera operazione. Non si tratta di iniziative “autonome” o “lupi solitari”, bensì di un meccanismo ordinato dal vertice del Partito comunista cinese.Rafforzamento delle contromisure statunitensi
L’infiltrazione portata a termine dall’FBI evidenzia come la cooperazione tra agenzie e indagini internazionali sia fondamentale per contrastare network clandestini. Tuttavia, episodi analoghi – tentativi di sequestro di dissidenti, pedinamenti o minacce – si sono registrati anche in Europa e Nord America negli ultimi anni, segnalando un trend in crescita.