Cosa unisce JFK, Musk e Cancellato
IA, satelliti e spyware: la tecnologia sviluppata dai privati è cruciale per l’intelligence. Senza una strategia a lunga termine c’è il rischio di mettere in pericolo la sicurezza nazionale
Tulsi Gabbard rischia di essere “Al lupo, al lupo” al contrario. L’ex deputata dem, che il repubblicano Donald Trump ha scelto come direttrice dell’Intelligence nazionale degli Stati Uniti una volta rieletto presidente, è stata “grigliata” all’audizione di conferma su diverse questioni e posizioni controverse, specie per chi è chiamato a coordinare le 18 agenzie d’intelligence del Paese. Per esempio, Gabbard ha evitato di rispondere direttamente alla domanda se Edward Snowden, l’ex NSA diventato oggi cittadino russo dopo aver rivelato documenti segreti dell’agenzia in cui lavorava, fosse un traditore, suscitando preoccupazioni bipartisan. Alcuni senatori, tra cui il dem Mark Warner, hanno messo in dubbio la sua idoneità per il ruolo, sostenendo che non abbia sufficiente esperienza in materia di sicurezza nazionale. Infine, è stata criticata per aver ripetuto narrazioni favorevoli al Cremlino e per aver messo in discussione valutazioni dell’intelligence statunitense.
E così, le sue parole sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel lavoro di intelligence hanno alimentato preoccupazioni. Martedì, parlando all’Amazon Web Services Summit a Washington, ha raccontato di aver inserito i documenti governativi sull’assassinio di John F. Kennedy, che il presidente Trump ha deciso di rendere pubblici, in un programma di intelligenza artificiale con una richiesta: identificare eventuali contenuti che dovessero rimanere secretati. Ha aggiunto che questo ha reso il processo di revisione dei documenti significativamente più veloce: “Abbiamo potuto farlo grazie all’uso di strumenti di IA in modo molto più rapido rispetto a quanto accadeva prima, quando erano gli esseri umani a dover esaminare ogni singola pagina”. Il governo statunitense ha pubblicato circa 80.000 pagine di documenti sull’assassinio di Kennedy – che non contenevano rivelazioni eclatanti – lo scorso marzo, appena due mesi dopo l’inizio del secondo mandato di Trump. Secondo Gabbard, senza l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, il processo avrebbe potuto richiedere mesi o anni.
Proprio oggi il direttore della CIA, John Ratcliffe, ha annunciato la declassificazione di 54 documenti relativi all’assassinio del senatore Robert Francis Kennedy, alla luce dell’executive order del presidente Trump riguardante anche le morti violente del presidente Kennedy e del reverendo Martin Luther King.
Ciò che sembra essere sfuggito a molti, alimentando le preoccupazioni sulla sicurezza, è un altro passaggio dell’intervento di Gabbard, riportato da MeriTalk. “Esiste un chatbot dell’intelligence che è stato distribuito a livello di sistema”, ha detto. “Avere accesso all’uso di applicazioni di intelligenza artificiale nei cloud top secret è stato un punto di svolta”. Ovvero, i documenti sono al sicuro anche se lo strumento è sviluppato da privati (nota bene: ciò non elimina i rischi di allucinazione dell’intelligenza artificiale).
Ma i timori su questo caso raccontano una presa di coscienza sul ruolo dei privati nelle questioni di sicurezza nazionale. Oggi il paradigma si è ribaltato rispetto alla Guerra Fredda. Oggi, nelle democrazie liberali, sono i privati a guidare l’innovazione mettendo lo Stato nella condizione di doversi affidare a loro per ragioni di efficacia ed efficienza ma correndo il rischio di mettere a rischio la sicurezza nazionale (per esempio, attività sotto copertura in corso da parte dell’intelligence).
Lo dimostra il caso di Starlink, la società per le comunicazioni satellitari che Elon Musk, il patron, minacciava di accendere e spegnere a suo piacimento per le truppe ucraine. Lo stesso fa quello di Graphite, lo spyware sviluppato dalla società Paragon con cui sono stati spiati alcuni attivisti (dall’intelligence italiana sulla base di autorizzazioni in linea con la legge, dice il Copasir, ovvero il comitato che vigila sui servizi segreti) e alcuni giornalisti, come Francesco Cancellato, direttore di Fanpage (da chi, ancora non è chiaro), e – notizia di oggi – di un altro giornalista di Fanpage, Ciro Pellegrino, capo area della redazione di Napoli. A tal proposito, lunedì fonti dell’intelligence italiana hanno risposto a una nota di Paragon spiegando di aver ritenuto inaccettabile la proposta della società di effettuare una verifica sui log di sistema delle piattaforme Graphite in uso ai servizi d’intelligence “in quanto pratiche invasive, non verificabili nell’ampiezza, nei risultati e nel metodo e, pertanto, non conformi alle esigenze di sicurezza nazionale”. Addirittura, “ove tali verifiche fossero state realizzate da un soggetto privato e straniero, avrebbero severamente compromesso la reputazione delle agenzie italiane nella comunità intelligence internazionale ed esposto dati per loro natura riservati”.
Ecco cos’ha detto a proposito Niccolò Petrelli, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, in un’intervista a Formiche.net.
Il vero problema è la mancanza di una pianificazione di lungo periodo per le acquisizioni: se non esiste un programma a medio-lungo termine, un’istituzione di sicurezza nazionale è costretta a rivolgersi al mercato. Negli Stati Uniti l’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale ha centralizzato il procurement per tutte e 18 le agenzie, riducendo costi e rischi. Da noi il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza sarebbe in grado di fare lo stesso se ci sono alle spalle volontà politica e risorse. Servirebbe un piano di ricerca e acquisizione su 5–10 anni, con risorse dedicate.
Grazie, interessantissima!
Peccato per alcuni errori di battitura ma il testo era comunque comprensibile.